Pentedattilo, il paese fantasma delle leggende

Pentedattilo è il borgo fantasma più suggestivo della Calabria. Fantasma non solo perché a lungo disabitato, ma perché la sua storia è intrisa di tragedie, sangue, mistero e leggende.

Pentedattilo sorge arroccato, e quasi compenetrato, sulla rupe del Monte Calvario che ricorda una gigantesca mano con cinque dita. Per questo i greci lo chiamarono πέντα-δάκτυλος ( pènta-dàktylos) che significa “cinque dita”.

Sorge quasi sospeso, lassù su uno sperone dell’Aspromonte, con lo sguardo verso il Mar Ionio. Sguardo che, nelle giornate terse, si allunga fino all’Etna.

Pentedattilo e il suo panorama

Così lo descriveva lo scrittore Edward Lear nel libro racconto del suo viaggio a piedi attraverso la Calabria:

L’apparire di Pentedattilo è perfettamente magico, e ripaga qualunque sacrificio fatto per raggiungerla. Selvagge sommità di pietra spuntano nell’aria, aride e chiaramente definite in forma di una mano gigantesca contro il cielo, le case di Pentedattilo sono incuneate all’interno delle spaccature e dei crepacci di questa piramide spaventosamente selvaggia, mentre tenebre e terrore covano sopra l’abisso attorno alla più strana abitazione umana.

Edward Lear nel Diario di un viaggio a piedi

Pentedattilo non fu sempre un borgo fantasma. Nasce infatti fiorente.

Già colonia greca nel 600′ A.C., rivestì particolare importanza lungo tutto il periodo greco romano per la sua posizione strategica sulla fiumara di Sant’Elia che era la via migliore per raggiungere l’Aspromonte.

Anche la sua marina, Annà, costituiva il porto d’accesso principale per il commercio con la Sicilia. Proprio qui sbarcò Garibaldi con i suoi 1000 per due volte, nel 1860 e nel 1862.

Facendo un passo indietro, dopo essere passato dalla dominazione bizantina, saccheggiato dai Saraceni, conquistato dai Normanni, Pentedattilo fu trasformato in baronia con la famiglia Abenavoli, famiglia che segnerà la sua storia quando già il borgo non gli apparterrà più.

Dopo un altro passaggio di mano, fu la volta dei marchesi Alberti, gli altri protagonisti della storia di Pentedattilo.

Il primo evento drammatico della storia del borgo avvenne nel 1686. Fra la famiglia Alberti, marchesi di Pentedattilo e gli Abenavoli, che ne erano stati i baroni in precedenza, non correva buon sangue da anni per problemi di confini.

Per risolvere i contrasti si era deciso il matrimonio fra Antonietta, figlia del marchese Alberti ed il barone Bernardino Abenavoli.

Poco dopo il marchese morì e gli succedette il figlio Lorenzo. Dopo che questi si sposò con Caterina Cortez, figlia del consigliere del viceré di Napoli, il cognato Don Petrillo Cortez venne in visita a Pentedattilo e si innamorò, ricambiato, proprio di Antonietta che era promessa al marchese Alberti. Il fratello le diede il permesso di sposarsi dato che era stato il padre, ormai morto, a fare la promessa.

Quando il barone Abenavoli apprese la notizia del fidanzamento, si sentì così ferito nell’orgoglio e nel cuore da promettere vendetta.

La notte di Pasqua del 16 aprile del 1686 si introdusse nel castello di Pentedattilo con 40 uomini aiutato da un consigliere degli Alberti che li aveva traditi. Uccise brutalmente Lorenzo, il fratellino e tutti coloro che incontrò, insieme ai suoi soldati, lungo la scorribanda nel castello. Portò con sé Antonietta ed il fidanzato e dopo tre giorni la sposò.

Il Governatore di Reggio Calabria, appresa la notizia della strage, mandò l’esercito per liberare i due ostaggi e catturare il barone, ma questi riuscì a sfuggire e rinchiuse la moglie in un convento di clausura. La Sacra Rota annullerà poi il matrimonio perché imposto con la forza, ma lei non uscì mai dal convento divorata dai sensi di colpa per essere la causa della strage e della rovina della propria famiglia.

La storia della strage degli Alberti con il passare degli anni ha dato vita a tante leggende e ricostruzioni. Tanto che è difficile capire dove finisca la realtà ed inizino fantasia e suggestioni.

Si narra che, nelle sere d’inverno particolarmente ventose, si sentano le urla del barone Alberti mentre, nelle notti di luna piena, si sentano i lamenti e le voci di tutti coloro che morirono nella strage.

Un’altra ancora racconta che le dita di pietra simbolizzino le dita insanguinate della mano del barone Abenavoli e, per questo, Pentidattilo è stata indicata come “la mano del diavolo.

E poi ancora, si narra che, la notte del 16 aprile, si possano vedere delle ombre muoversi per il borgo che ricordano, nella sagoma, mamme che scappano con i figli per mano rincorse da uomini con i coltelli.

Secondo un’altra antica leggenda, un giorno, la mano di pietra si sarebbe abbattuta sugli uomini per punirli della loro sete di sangue.

Proprio questo, nel racconto popolare, sarebbe il motivo della seconda tragedia della storia di Pentedattilo.

Nel 1783 infatti, si abbatté un tremendo terremoto sul borgo che fece danni e costrinse molti a lasciare le loro case.

Da allora iniziò un flusso migratorio verso Melito di Porto Salvo che continuò fino al 1968 quando parti di roccia delle cinque dita crollarono e Pentedattilo venne giudicato inabitabile. Nel 1971 se ne andarono tutti. Alcuni si allontanarono solo di qualche centinaia di metri per costruire un nuovo Pentedattilo senza abbandonare quello vecchio. Diventando migranti di prossimità. Almeno potevano ancora guardare il loro borgo così unico.

Oggi ci vivono due persone, Rossella e Maka, un ragazzo diciannovenne del Mali sbarcato in Calabria con un barcone. Rossella non è calabrese, ma è arrivata qui da Viterbo durante un viaggio. Aveva poco più di 20 anni e si innamorò subito del borgo che era sì abbandonato, ma in buono stato. Telefonò a suo padre e gli disse che voleva rimanere lì ed acquistare una casa. Scelse quella che le piaceva di più e la comprò con poco più di 8 milioni di vecchie lire. Allora gli unici altri abitanti erano uno scultore tedesco e la sua fidanzata. Non avevano nemmeno l’acqua corrente ed ogni giorno era una fatica anche solo procurarsela. Rossella poi è rimasta sola, ma non se n’è più andata.

Si è costruita una vita semplice, ma ricca. Cura il suo orto ed il suo gregge di capre. In modo naturale, senza che i capretti vengano tolti alla madre dopo pochi giorni di vita per essere allattati con il latte artificiale e non perdere il latte prezioso. La sua è una vita all’insegna dell’autosostenibilità. Vive di ciò che produce e della generosità della terra.

La sua storia è stata raccontata in un documentario, La donna che sussurra alle capre.

Di notte non c’è nessun altro a Pentedattilo, ma di giorno il borgo si anima grazie ai giovani che stanno cercando di recuperare il più possibile. Sono state aperte alcune botteghe artigiane, un bar ed un albergo diffuso che hanno rioccupato le case abbandonate. C’è un piccolo museo delle tradizioni popolari e la Casa del Bergamotto.

Quando andare a Pentedattilo – Occasioni speciali

Paleariza: ogni estate passa di qui il festival itinerante della cultura grecanica, uno dei più importanti in Italia per la musica etnica e popolare. Il Festival si articola in diversi eventi fra spettacoli teatrali e di danza, concerti, workshop, mostre di fotografia, visite guidate, escursioni e appuntamenti enogastronomici. 

Pentedattilo Film Festival: si tiene ogni anno fra agosto e settembre ed ospita cortometraggi nazionali e internazionali. Trovo bellissimo uno dei passi nella pagina di presentazione del festival:

Pentedattilo è un paese fantasma e richiede altri fantasmi. Il Pentedattilo Film festival è una chiamata alle armi, per tutti quelli che nel cinema si sentono fantasmi, per tutti quelli che del cinema fanno il loro mestiere e la loro arte ma nessuno se ne accorge, per tutti quelli che il cinema non lo fanno ancora ma ci vorrebbero provare, per tutti quelli che fanno i primi passi e il loro talento urla per essere riconosciuto, per tutti i maestri dell’arte cinematografica che vedono divorare dai giganti della montagna la bellezza dell’arte, e infine per tutti quelli che credono nella cooperazione, interculturalità, tolleranza, sostenibilità… ed è per questo che noi continuiamo ad esserci. 

Pentedattilo Film Festival

Grazie a questi eventi, all’interessamento di diverse associazioni e all’aiuto di giovani volenterosi, Pentedattilo a partire dagli anni 90′ è tornato un po’ alla vita attirando sempre più turisti italiani e stranieri.

Forse rimarrà la sua nomea di paese fantasma, ma in mezzo ai fantasmi si è sicuramente insinuata un po’ di vita.

Un ritorno alle proprie radici, come è già avvenuto a Gallicianò, un altro borgo dell’area grecanica di Calabria.

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  1. Appena ho letto Pentedattilo non potevo non cliccare, perchè non conoscevo la sua storia. Aspetto con curiosità il tuo contributo, a presto!

  2. Ma quanto è affascinante il paese fantasma di Pentedattilo? Peccato che sia così lontano altrimenti ci avrei organizzato una bella gita fuori porta!!

  3. Sono stata a Pentedattilo diversi anni fa… Era agosto ed era l’ora di pranzo: un caldo atroce ???? un errore di programmazione enorme. Comunque un luogo davvero suggestivo, ci vorrei tornare col fresco ????

  4. Torno sempre con piacere a Pentidattilo. Mi piace camminare tra le viuzze, anche sotto il sole cocente, curiosare nelle botteghe, fermarmi a bere nella fontana davanti alla chiesa, fotografare i fichi d’india, ammirare il paesaggio.

  5. Io adoro le città fantasma e ne ho visitate molte; questa però mi manca, visto che non ho ancora avuto l’opportunità di andare in Calabria. Ma lo metto sicuramente nella mia lista delle cose da fare!

  6. Super affascinante! A volte anche io sogno di trasferirmi “alla fine del mondo” a vivere una vita semplice, ma ricca! Bellissimo articolo

  7. Sono particolarmente attratta dai paesi fantasma e dalle loro storie: ho letto con grande interesse questa storia di grande orrore ma con un finale di grande speranza. Conosco poco la Calabria, mi piacerebbe visitarla perché nasconde mille tesori e delizie, proprio come questa.

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